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Quasar a 11,5 miliardi di anni luce !

Questa sorgente astronomica visibile nell'immagine è al momento la più distante tra tutte quelle che sono riuscito a rilevare e individuare in questi anni dal mio osservatorio in Val Imagna.. Quella dozzina o poco più di pixel che vedete è un Quasar, un nucleo galattico attivo estremamente luminoso e dista da noi all’incirca 11 MILIARDI e 500 milioni di anni luce ! Stiamo parlando di luce proveniente dalle regioni remote di un giovane universo, a soli 2,3 miliardi di anni dall’inizio dei tempi, il Big Bang, 13,8 miliardi di anni fa.

In che modo gli astronomi sono in grado di determinare le distanze delle galassie nell'UNIVERSO ?

Partiamo da questo esempio, una situazione quotidiana alla quale tutti noi abbiamo fatto esperienza.

Sicuramente vi sarete trovati in strada ad ascoltare il suono della sirena di un’ambulanza. Avrete anche notato che mentre l’ambulanza si dirige verso di voi sentite un suono sempre più intenso e quando il veicolo vi oltrepassa e si allontana il suono si fa più cupo, come se fosse più lento.

Quello che sperimentate è l’effetto doppler, che consiste nel cambiamento apparente, rispetto al valore originario, della frequenza o della lunghezza d'onda percepita da un osservatore raggiunto da un'onda emessa da una sorgente che si trovi in movimento rispetto all'osservatore stesso.

Quando l’ambulanza (la sorgente del segnale) è in movimento e si muove verso di voi, la frequenza aumenta e la lunghezza d’onda diminuisce, quando si allontana la frequenza diminuisce e la lunghezza d’onda aumenta..

  

  Lunghezza d’onda e frequenza sono inversamente proporzionali. 

 

 L’effetto doppler è individuabile anche nella radiazione elettromagnetica (nella luce). La luce rossa nello spettro del visibile ha una lunghezza d’orda maggiore e frequenza minore rispetto ad esempio alla luce blu. Quando una sorgente si allontana da noi il suo spettro di emissione si sposta verso il rosso (Redshift) perché la lunghezza d’orda apparente osservabile aumenta, viceversa quando un oggetto si avvicina la lunghezza d’onda “si comprime” e il suo spettro si sposta verso il blu (Blushift).

Fu proprio grazie all’effetto Doppler che alla fine degli anni venti del secolo scorso l’astronomo Edwin Hubble formulò una legge che è uno dei pilastri della cosmologia moderna.  Egli scoprì che la radiazione (il suono della sirena dell’ambulanza) che riceviamo dalle galassie è tanto più spostata verso il rosso (REDSHIFT) dello spettro elettromagnetico proporzionalmente a quanto più esse sono distanti. In un’altra forma, più distante è una galassia, più grande è il suo redshift e quindi più rapidamente essa recede da noi. Le galassie si allontanano perché è l’universo stesso che si espande. Quello che osserviamo è quindi un Redshift cosmologico. Hubble cercò anche di calcolare la velocità di espansione dell’universo. La sua stima venne poi rivista negli anni successivi diminuendo sempre di più l’incertezza. Oggi la stima più attendibile di quella che viene definita l’espansione metrica dello spazio è intorno ai 75Km/s per magaparsec (1 megaparsec è uguale a 3,26 milioni di anni luce). L’universo si sta espandendo ad una velocità maggiore di quella della luce.

Conoscendo quindi il valore di redshift degli oggetti osservati (quanto la lunghezza d’onda apparente si sposta verso il rosso), la velocità costante della luce e il tasso di espansione possiamo a questo punto definire la distanza di un oggetto osservato rispetto a noi, non solo, possiamo a questo punto andare a ritroso nel tempo e determinare che sono trascorsi circa 13,8 miliardi di anni dal momento in cui questa espansione è iniziata, da quello che noi chiamiamo Big Bang.

Tornando alla mia osservazione del Quasar nell’immagine di questo articolo, il redshift è misurabile. In base alla costante di Hubble e considerando gli effetti relativistici connessi al moto di sorgenti con velocità prossime a quella della luce ne deriva la distanza di 11 miliardi e 489 milioni di anni luce.

Veniamo a questo punto a chiarire le dimensioni dell’universo attuale. Verrebbe da pensare che la distanza limite siano i 13,8 miliardi di anni luce, il momento del Big Bang. Non stiamo però considerando che nel corso del tempo l’universo ha avuto un’espansione. Di conseguenza La luce partita dal quasar, che ha una velocità costante, si trova dunque a viaggiare in uno spazio che si espande e quando finalmente giunge a noi e la distanza attuale è molto maggiore di quella iniziale. Se consideriamo l’espansione nel tempo, In base alle osservazioni attuali, l’universo osservabile ha un raggio di 46 miliardi di anni luce.

Dato che la velocità della luce è finita e l’universo ha un’età finita, è possibile determinare una conseguenza importante: non possiamo osservare arbitrariamente lontano. Questo perché possiamo osservare soltanto quegli oggetti la cui distanza ha potuto essere percorsa dalla luce entro il tempo trascorso da quando il nostro universo è nato, ovvero in meno di 13,8 miliardi di anni; invece la luce emessa da oggetti più lontani non ha ancora avuto il tempo di raggiungerci. Perciò l’universo osservabile rimane finito, limitato e in espansione; ma non dobbiamo confonderlo con l’universo nel suo complesso. La dimensione dell’universo osservabile non dipende dalle capacità tecnologiche impiegate, ma è da intendere come un limite fisico indipendente da qualsiasi progresso in campo osservativo. Oltre il limite dell’osservabile (una bolla dal diametro di circa 90 miliardi di anni luce) vi è l’ignoto, e da lì possibili radiazioni emesse non ci raggiungeranno mai.

Possiamo quindi dire che l’universo osservabile è finito, oltre, non lo sapremo mai.

 © Efrem Frigeni Astrophoto

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